Una famiglia fondata sull’affetto
e non solo sulla biologia
Entrare in contatto con le famiglie adottive e i loro bambini rappresenta fin dal primo momento un’emozione del tutto particolare.
Nelle famiglie adottive con i bambini adottivi si tocca la magia di una vera genitorialità, quella simbolica fondata sull’affetto e non solo sulla biologia. Straordinario il processo per costruire un’appartenenza reciproca partendo da un inevitabile vissuto di estraneità, altrettanto reciproco.
E’ un pensiero, quello genitoriale adottivo, sempre in movimento: l’interrogarsi sul bambino, sul suo passato, presente e futuro accompagna il genitore in ogni momento, talora appesantendone il passo ma spesso dandogli la possibilità di cogliere subito importanti interrogativi che nel piccolo si muovono, dando la possibilità di costruire il futuro, passo dopo passo.
Dal basso della preoccupazione a volte anche un po’ disperata all’alto della soddisfazione per una testimonianza di appartenenza.
I momenti difficili per un genitore adottivo sono moltissimi, fin da subito, anche dal momento in cui deve decidere se e quando presentare domanda al tribunale. Tanto più dopo, durante l’iter di valutazione dei servizi e poi del tribunale. Ancor di più nel momento della scelta dell’ente a cui affidarsi e della successiva attesa dell’abbinamento di un bambino. E poi nell’attesa dell’incontro e soprattutto proprio nel momento dell’incontro.
L’incontro concreto reale con il bambino e poi il suo inserimento nel nucleo familiare rappresentano momenti molto impegnativi, e ancor più impegnativi possono essere i primi anni di costruzione della famiglia.
Avvalersi di un aiuto specializzato in ognuno di questi momenti può risolvere molti problemi ma soprattutto aiutare a prevenire difficoltà che possono sorgere via via e in seguito.
Fino al momento dell’ingresso in famiglia del bambino la consultazione si svolge con la coppia, successivamente l’aiuto può essere esteso anche al bambino. Diverse sono le modalità di incontro.
Le modalità di incontro
Offro:
Colloqui per l’analisi e la valutazione della domanda di adozione
Colloqui per l’analisi del percorso valutativo in corso da parte dei servizi e del tribunale
Colloqui di approfondimento su tematiche specifiche
Colloqui di orientamento sull’adozione internazionale (scelta dell’ente, del paese di provenienza, delle diverse culture)
Colloqui di sostegno nell’attesa dell’abbinamento e dell’incontro
Offro:
Incontri individuali e congiunti con la coppia
Incontri con il bambino alla presenza dei genitori singoli
Periodici contatti con familiari
Periodici contatti con persone significative quali insegnanti, istruttori, operatori dei servizi
Percorso di psicoterapia e/o sostegno al bambino
Gruppi di genitori adottivi
Seguendo da parecchi anni gruppi di genitori adottivi, posso continuamente constatare l’efficacia di questa forma di reciproco aiuto guidata.
La formula del gruppo riserva vantaggi specifici e particolari per affrontare in modo più sereno i diversi passaggi del percorso adottivo sempre impegnativi.
Un gruppo può essere:
informativo, quando riceve informazioni prima di dare avvio al progetto o in attesa dell’esito.
formativo, in ogni momento del processo adottivo, dal prima di presentare la domanda all’inserimento del bambino in famiglia.
Possono essere gruppi a tema o gruppi di incontro periodico.
Mi rendo disponibile a seguire gruppi in ognuna di queste fasi.
‘‘Occuparsi di famiglie adottive nel corso di un programma di aiuto e supporto nei primi anni di vita del nucleo familiare, dal momento della sua concreta costituzione, quando si realizza l’incontro con il bambino, significa avere occasioni e momenti contrassegnati assai spesso da una vera e propria magia.’’
Da Patrizia Conti, ‘Il mito delle origini’, Edizioni Magi, Roma, 2018. p. 23
I bambini dicono
Estratti dal libro ‘Il mito delle origini’, Patrizia Conti
Una mamma mi scrive per aggiornarmi della sua bambina: «Stavamo passano uno dei nostri soliti pomeriggi che Emanuelle ama tanto, con mia sorella e i suoi bambini, cuginetti che lei adora […]. Si erano messi a disegnare, e la zia avvicinandosi le chiede cosa stia disegnando. Lei risponde: “È una grande casa che sta pensando”. […] Le chiedo a cosa stia pensando e lei pronta risponde: “Alla mamma e al papà!», incalzo; “E dove sono la mamma e il papà?”, “Non ci sono!”. Allora la zia interviene dicendo: “Ma non è possibile che la grande casa sia da sola e vuota!!!, ci sarà qualcuno che arriva e che entra… come noi adesso…”. Lei ci pensa un pochino e poi dice: “Sì, ha una zia e due cugini… ma non li ho ancora disegnati…”, e si mette all’opera… quando mi mostra il disegno le chiedo come stia la casa ora, e lei risponde pronta: “È felice ma pensierosa”, “E tu?”, le chiedo; con un sorriso mi dice: “Felice ma pensierosa!’’».
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«Io non parlo! Ve l’ho detto prima di venire!» … Juliette mi saluta con un cenno e una sorta di borbottio incomprensibile, mi guarda un po’ di sbieco, tiene gli occhiali da sole nonostante sia inverno ostinatamente per tutta la durata del nostro primo incontro, unitamente al passamontagna, fortunatamente rialzato sulla fronte. Non proferirà parola per tutto il tempo in cui saremo insieme, limitandosi ad ascoltare attentamente, sotto l’apparente fare disinteressato, il racconto dei genitori sul loro incontro e sui primi tempi insieme. […] Nel secondo incontro, a distanza di mesi, Juliette si concede di esplorare dei giochi, senza mai concentrarsi su di uno, continuando ad ascoltare i genitori che aggiornano sulla scuola, sui miglioramenti della lingua, sulle abitudini che stanno cambiando, lentamente ma gradualmente. […] Juliette arriva allora a chiedere di poter utilizzare i fogli e i pennarelli sul tavolino, ma poi, di fatto, non disegna nulla. Al terzo incontro, gli occhiali non ci sono, il passamontagna sarebbe ormai ben fuori stagione, il saluto è accompagnato da un sorriso, l’iniziativa di disegnare concretizzata… ma non solo, Juliette inizia a intervenire nel racconto della comunione di una cugina, e poi aggiunge di un pomeriggio passato a giocare a casa di una sua compagna, e poi di un cartone che, nonostante lei sia un po’ grande, so forse che ha ben nove anni?, la diverte tanto la sera prima di cena… Mi accorgo che non ci sono più come due isole, se non separate almeno distanti, Juliette da un lato e i suoi genitori da un altro, con me in mezzo, a cercare di mantenere una relazione di ascolto e di aiuto a genitori che avverto tesi e preoccupati.»
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«Philippe era sdraiato su quattro seggiole, aveva le braccia come i morti nella bara, gli occhi chiusi e diceva: “Aiuto, sono intrappolato”, io allora lo tocco e gli dico: “Sono la mamma, adesso ti libero”. Apre gli occhi di scatto e mi dice: “No, non mi puoi toccare, perché tu non sai niente di me di quando ero in Africa! Tu non riesci a toccarmi, ci sono tre strati di ferro e uno di vetro". Allora faccio finta di romperli e lui: “No, ti ho detto che sono fortissimi, non riesci”, e allora gli dico: “Ma io sono la tua mamma e voglio raggiungerti perché ti voglio bene e sei il mio bambino. Mi dici come posso fare? Mi aiuti a liberarti?”, e lui: “Devi pensare a quando ero in Africa”. Allora io comincio a raccontare la storia e lui: “No! Ho detto pensare, non raccontare!”, “Va bene, io ti ho pensato tanto, tantissimo”, e lui: “Mamma non come le città, come i pianeti che sono tanti ma non sappiamo quanti” “Sì certo tesoro, ti ho pensato tantissimo, da sempre e ti ho voluto bene da sempre. Adesso posso toccarti e farti le carezze? Sono riuscita a rompere il vetro?’”, “Manca il papà, deve pensare anche lui”, e dopo una pensata anche del papà siamo riusciti a liberarlo. Ieri sera si è addormentato nel suo letto, con me vicino, parlando un po' dell’Africa e un po' dei compiti.»