La cifra dell'adozione

Pubblicato da ITALIAADOZIONI – 8 aprile 2018

Per le persone che non conoscono il mondo adottivo è possibile riconoscere nelle famiglie nate attraverso l’adozione un elemento chiaro, evidente, comune? Possiamo – noi tutti – individuare una caratteristica unica, distintiva e riconoscibile che rappresenti l’adozione? Forse l’amore aldilà dei legami di sangue? La diversità come ricchezza? L’accogliere e l’essere accolti? (…) In questo articolo condividiamo la lunga esperienza e le riflessioni di una psicologa maturate negli incontri con le famiglie adottive.

“Ma lo sa dottoressa che ora mia mamma racconta a tutte le sue amiche che sa dov’è Ouagadougou? E se ne vanta pure…. Pensi che quando abbiamo iniziato a parlare coi nostri genitori che saremmo andati in Africa per l’adozione, erano proprio preoccupati”.

Ormai da più di 30 anni, raccolgo nel mio lavoro tante parole: di preoccupazione, di desiderio, di speranza, di sorpresa; spesso di gioiosa emozione, come quella che questa frase esprime. Ma soprattutto di attesa e preoccupazione: attesa per un decreto di idoneità che sembra non arrivare mai, ansia per un percorso che appare fin da subito irto di ostacoli, rimostranze per una idoneità all’adozione negata, interrogativi su un bambino che si dovrà incontrare, preoccupazioni per un bambino appena incontrato.

Ma poi anche insegnanti in difficoltà ad aiutare quei bambini che non conoscono, o di operatori che desiderano aiutarli meglio e di più. E, da ultimo ma non ultimo, bambini che col gioco, col disegno, e poi anche con le parole esprimono le loro piccole, ma grandi preoccupazioni, i loro grandi ma piccoli desideri, le loro sempre abbondanti domande. Ho incontrato persone desiderose di diventare genitori adottivi, genitori adottivi e bambini adottati, operatori e insegnanti.

Un mondo di emozioni, di affetti, di sentimenti; un mondo ricco di pensieri, soprattutto! E poi, per me, professionista competente ed esperta (non fosse altro che per l’età!!!), una opportunità continua e ricchissima di nuovi interrogativi, di spinte a rivedere acquisizioni, a raccogliere sfide, a formulare nuove riflessioni. La frase della mamma adottiva mi giunge non solo gradevole e interessante sorpresa, ma soprattutto anche occasione di tornare a un pensiero che mi accompagna costantemente nel lavoro con le famiglie adottive, che si arricchisce di significato, ma anche di un importante ampliamento d’orizzonte.

Non sono solo i genitori adottivi a promuovere nel loro piccolo (grande!) un pezzettino di cultura della differenza, ma anche i nonni e  le famiglie allargate. Insomma una più ampia socialità! Tornando alla frase citata inizialmente, mi appare utile una piccola annotazione rispetto alla nonna che si vanta con le sue amiche di sapere dove si trova quel posto da cui proviene il nipotino: riuscire a pensare a un luogo preciso, delineato e identificato e non all’intero indifferenziato continente lontano e forse mai prima considerato.

Cercare di cogliere il significato di questo piccolo, ma prezioso aneddoto non solo apre uno spazio enorme di riflessione sulle fatiche che il processo adottivo comporta per tutti i protagonisti, spesso anche i nonni, ma permette anche un pensiero, che può farsi sempre più articolato e ricco, sul significato profondo che anche una semplice adozione di un bambino avvia. Un bambino che, provenendo da un punto molto lontano del nostro globo porta con sé una possibilità preziosa per le nostre menti individuali, per i nostri rapporti familiari, e poi, soprattutto, anche per un pensiero nel e sul sociale più ampio.

La valenza è quella profondamente culturale dell’incontro con l’Altro. In questa nostra fase storica, in questo momento specifico, credo sia proprio questo il tema centrale che le famiglie adottive sfidano giorno per giorno… in una quota di quotidianità che si snoda per anni, ma che chi gli sta intorno respira, potendo guadagnare così non solo in conoscenza, ma anche in una prospettiva più ampia e più ricca, che arriva a comprendere un pensiero sulla differenza… differenza che se rimane solo estraneità limita e porta con sé sofferenza e disagio.

Credo che la cifra dell’adozione sia proprio questa. Il dono più prezioso che al nostro essere persone, ma soprattutto cittadini e nel senso più profondo, regala. La positività dell’adozione emerge e si fa concreta solo se ci si permette su di essa un pensiero attento e una riflessione libera da pregiudizi. Ma non si ferma qui e questo punto non è poco anzi! Essa comporta anche lo stimolo un po’ per tutti, (ora parlo da psicologa analista), a ripensare in che cosa consiste una buona genitorialità e quali percorsi diversi compie e attraversa nel suo farsi, giorno per giorno, con un bambino che porta dentro di sé non solo una storia diversa, ma anche un vero e proprio mondo diverso.

Ciò comporta poi anche una sfida, e non è assolutamente poco, (ora parlo da psicologa dell’infanzia), a ripensare ai ritmi e ai tempi oltre che, anche, alla qualità dei processi di sviluppo nel bambino, costringendo a buttare all’aria i parametri acquisiti, anche con lunga esperienza e tanto studio, che, di fronte alle risorse e alle strategie nuove e diverse di un bambino adottivo, quelle che ci offre all’osservazione, dobbiamo ripensare, perché dobbiamo formulare, e meno male! pensieri diversi, allargando il nostro orizzonte professionale.

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Famiglie adottive: assomigliarsi nella differenza

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Estraneità e diversità, il nodo centrale dell'adozione